Il 15 marzo del 44 a.c., alle Idi di marzo, Gaio Giulio Cesare venne ucciso a seguito di una congiura ordita contro di lui da Gaio Cassio, Marco e Decimo Bruto presso la Curia di Pompeo, nell’attuale Largo Argentina.
La leggenda del fantasma di Giulio Cesare risale alla Roma imperiale.
Dopo la sua morte le ceneri del corpo furono raccolte in un’ampolla, a forma di globo dorato, successivamente posta sulla sommità di un obelisco posizionato nel Circo di Caligola.
Secondo la leggenda, il fantasma di Giulio Cesare sarebbe rimasto rinchiuso nell’ampolla assieme alle sue ceneri per più di 1500 anni.
Nel 1585 Papa Sisto V fece spostare l’obelisco in Piazza San Pietro, ove si trova ancora attualmente e, in quell’occasione, fu fatta aprire l’ampolla per scoprire cosa ci fosse al suo interno.
Subito le ceneri di Giulio Cesare caddero e il suo spirito fu liberato. Da allora il fantasma di Giulio Cesare è stato più volte avvistato in diverse zone della città, soprattutto nei dintorni dell’ Fori Imperiali, di Largo Argentina e dell’obelisco a Piazza San Pietro, nella notte del 15 marzo.
Del fantasma di Cesare ci parla anche Plutarco nelle “Vite Parallele”: Bruto – ossessionato dal senso di colpa per aver partecipato alla congiura che portò alla morte di Cesare che l’amava come un figlio – sognò un’entità che gli disse “Sono il tuo cattivo demone, Bruto; ci rivedremo a Filippi“.
Fu il grande drammaturgo inglese William Shakespeare nel suo “Giulio Cesare” a personificare il fantasma citato da Plutarco in quello di Cesare.
Quanto predetto in sogno a Bruto comunque si avverò: egli, infatti, fu sconfitto proprio a Filippi, città della Tracia, dagli eserciti di Ottaviano e Antonio; tentò la fuga, ma fu costretto a uccidersi.
Oggi la frase “ci rivedremo a Filippi” è utilizzata come minaccia più o meno scherzosa che allude a una prossima resa dei conti, a una futura vendetta o una futura punizione.